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Liturgia della Domenica 11 Febbraio - Il Commento di Don Claudio
Con il racconto di oggi arriviamo a chiudere il primo capitolo del Vangelo di Marco. Domenica prossima, cambiando completamente registro e attestandoci alla I domenica di Quaresima, dedicata alle tentazioni nel racconto di ogni evangelista, riprenderemo i pochi versetti, sempre del primo capitolo di Marco, che ci raccontano di Gesù sospinto dallo Spirito nel deserto e tentato da Satana.
I sei versetti del Vangelo di oggi ci presentano la guarigione di un uomo malato di lebbra, una patologia che nell’Antico Testamento veniva considerata una grave impurità e comportava la separazione del lebbroso dalla comunità: vivevano da soli (lo abbiamo sentito anche nel racconto della prima lettura tratta dal Levitico). La sua condizione era veramente penosa, perché la mentalità del tempo lo faceva sentire impuro anche davanti a Dio e non solo davanti agli uomini. Perciò il lebbroso del Vangelo supplica Gesù con queste parole: «Se vuoi, puoi purificarmi!».
All’udire ciò, Gesù sente compassione. È molto importante fissare l’attenzione su questa risonanza interiore di Gesù. Non si capisce l’opera di Cristo, non si capisce Cristo stesso, se non si entra nel suo cuore pieno di compassione e di misericordia. È questa che lo spinge a stendere la mano verso quell’uomo malato di lebbra, a toccarlo e a dirgli: «Lo voglio, sii purificato!». Il fatto più sconvolgente è che Gesù tocca il lebbroso, perché ciò era assolutamente vietato dalla legge mosaica. Toccare un lebbroso significava essere contagiati anche dentro, nello spirito, cioè, diventare impuri. Ma in questo caso l’influsso non va dal lebbroso a Gesù per trasmettere il contagio, bensì da Gesù al lebbroso per donargli la purificazione. In questa guarigione noi ammiriamo, oltre alla compassione e alla misericordia, anche l’audacia di Gesù, che non si preoccupa né del contagio né delle prescrizioni, ma è mosso solo dalla volontà di liberare quell’uomo dalla maledizione che lo opprime.
Ciò che non dovremmo mai dimenticare è che nessuna malattia è causa di impurità (quante volte ci capita di sentire che cosa ho fatto di male per meritarmi questo… perché Dio…): la malattia certamente coinvolge tutta la persona, ma in nessun modo intacca o impedisce il suo rapporto con Dio. Anzi, una persona ammalata può essere ancora più unita a Dio. Invece il peccato, quello sì che ci rende impuri e ci allontana da Dio! L’egoismo, la superbia, l’indifferenza, queste sono malattie del cuore da cui c’è bisogno di essere purificati, rivolgendosi a Gesù come il lebbroso: «Se vuoi, puoi purificarmi!».
Siamo alle porte del tempo quaresimale. Occasione propizia per rientrare in noi stessi, per esaminarci nel profondo celebrando anche il sacramento della Confessione… non dimenticando che ogni volta che ci accostiamo alla Riconciliazione con cuore pentito, il Signore ripete anche a noi: «Lo voglio, sii purificato!». Quanta gioia c’è in questo! Così la lebbra del peccato scompare, ritorniamo a vivere con gioia la nostra relazione filiale con Dio e siamo riammessi pienamente nella vita comunitaria, accolti in pienezza alla mensa del Pane eucaristico.