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Liturgia della Domenica 22 Settembre - Il commento di Don Claudio
Oltrepassata la metà del testo di Marco, la liturgia odierna ci propone il secondo dei tre annunci di passione che Gesù fa ai suoi discepoli. È sempre un discorso poco consono con le aspettative di coloro che tutto hanno lasciato per seguire il Maestro. Ma la missione del Figlio di Dio è questa: “Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno… ma non capivano queste parole e avevano paura di interrogarlo”.
Quanto restii siamo anche noi di fronte al dramma del dolore, della sofferenza… Preferiamo attestarci su altre coordinate, su altre tipologie di discorsi… anche noi forse talora riteniamo più opportuno parlare di chi sia il più grande, di chi abbia più meriti, di chi sia da ritenersi più degno!
“Di che cosa stavate discutendo lungo la strada?” Di che cosa stiamo parlando lungo il cammino della vita? Quali sono gli argomenti che tengono banco spesso nelle nostre conversazioni? Questione di soldi, di eredità, di primi posti, di potere, di ciò che vale e di ciò che non vale?!
Sedutosi, li chiamò e disse… Tre verbi che dicono che quanto Gesù sta per dire è qualcosa di importante!
Gesù si colloca a una distanza abissale da tutti i discorsi dei discepoli, da tutti i nostri discorsi: se uno vuol essere il primo sia il servo. Ma non basta, c’è un secondo passaggio: “servo di tutti”, senza limiti di gruppo, di famiglia, di etnia, di bontà o di cattiveria. E ancora non basta: «Ecco io metto al centro un bambino», il più inerme e disarmato, il più indifeso e senza diritti, il più debole e il più amato! Proporre un bambino come modello del credente è far entrare nella sfera della religione l’inaudito. Cosa è un bambino? Pensiamolo ai giorni nostri… talora meno importante di un animale che abbiamo assunto come destinatario del nostro affetto… Cosa sa un bambino? Il gioco, il vento delle corse, la dolcezza degli abbracci. Sicuramente non sa di filosofia, di teologia, di morale. Ma conosce come nessuno la fiducia, e si affida. La mamma e il papà per lui sono tutto. Si fida ciecamente di loro. Gesù ci propone un bambino come modello nella fede. I bambini danno ordini al futuro, danno gioia al quotidiano. La casa ha offerto il suo tesoro, un piccolo d’uomo, parabola vivente, piccola storia di vita che Gesù fa diventare storia di Dio: Chi lo abbraccia, abbraccia me! Gesù offre il suo tesoro: il volto di un Dio che non è onnipotenza ma abbraccio: ci si abbraccia per tornare interi (Ada Merini), neanche Dio può stare solo, non è “intero” senza di noi, senza i suoi amati. Chi accoglie un bambino accoglie Dio! Parole mai dette prima, mai pensate prima. I discepoli ne saranno rimasti sconcertati: Dio come un bambino! L’Altissimo e l’Eterno in un bambino? Se Dio è come un bambino significa che devi prendertene cura, va accudito, nutrito, aiutato, accolto, gli devi dare tempo e cuore (E. Hillesum). Del resto, ad ogni Natale noi celebriamo questo mistero che ci fa contemplare Colui che i cieli dei cieli non possono contenere e che si fa bambino! L’antidoto alla sofferenza, alla paura del dolore, al dubbio è riscoprire la grandezza di un Dio che si fa piccolo e chiede a ciascuno di noi di non essere da meno.