Liturgia della Domenica 30 Giugno - Il Commento di Don Claudio

GiairoIl Vangelo, sempre tratto dal quinto capitolo di Marco, presenta due prodigi operati da Gesù, descrivendoli quasi come una sorta di marcia trionfale verso la vita.

Marco narra di un certo Giairo, uno dei capi della sinagoga, che viene da Gesù e lo supplica di andare a casa sua perché la figlia di dodici anni sta morendo. Gesù accetta e va con lui; ma, lungo la strada, giunge la notizia che la ragazza è morta. Possiamo immaginare la reazione di quel papà. Gesù però gli dice: «Non temere, soltanto abbi fede!». Arrivati a casa di Giairo, Gesù fa uscire la gente che piangeva ed Egli entra nella stanza solo con i genitori e i tre discepoli, e rivolgendosi alla defunta dice: «Fanciulla, io ti dico: alzati!». E subito la ragazza si alzò, come svegliandosi da un sonno profondo. Gesù prende la mano di questa poco più che bambina e compie il miracolo. Dio che ci prende per mano e, anche quando tutto sembra irrimediabilmente perso, lui apre alla speranza, alla vita, alla certezza che Dio è un amante della vita.

Dentro il racconto di questo miracolo, Marco ne inserisce un altro: la guarigione di una donna che soffriva di emorragie e viene sanata appena tocca il mantello di Gesù. Qui colpisce il fatto che la fede di questa donna attira - potremmo quasi dire “ruba” - la potenza salvifica divina che c’è in Cristo, il quale, sentendo che una forza «era uscita da lui», cerca di capire chi fosse stato. E quando la donna, con tanta vergogna, si fa avanti e confessa tutto, Lui le dice: «Figlia, la tua fede ti ha salvata».

Si tratta di due racconti ad incastro, con un unico centro: la fede; e mostrano Gesù come sorgente di vita, come Colui che ridona la vita a chi si fida pienamente di Lui. 

I due protagonisti, cioè il padre della fanciulla e la donna malata, non sono discepoli di Gesù; eppure, vengono esauditi per la loro fede. Hanno fede in quell’uomo. Da questo comprendiamo che sulla strada del Signore sono ammessi tutti: nessuno deve sentirsi un intruso, un abusivo o un “non avente diritto”. Per avere accesso al suo cuore, al cuore di Gesù, serve un solo requisito: sentirsi bisognosi di guarigione e affidarsi a Lui. 

Ognuno di noi potrebbe chiedersi: sentiamo il bisogno di guarigione? Di essere sanati da qualche cosa che non va, da qualche peccato, da qualche problema? E, se sento questo, ho fede in Gesù? 

Sono i due requisiti per essere guariti, per avere accesso al suo cuore: (1) sentirsi bisognosi di guarigione e (2) affidarsi a Lui. Gesù perché sollecitato o semplicemente perché passava su quella strada che lo portava alla casa del capo della sinagoga, scopre, incontra queste persone tra la folla e le toglie dall’anonimato, le libera dalla paura di vivere e di osare. Lo fa con uno sguardo e con una parola che le rimette in cammino dopo tante sofferenze e umiliazioni. 

Anche noi siamo chiamati a imparare e a imitare queste parole che liberano e questi sguardi che restituiscono, a chi ne è privo, la voglia di vivere.

In questa pagina evangelica si intrecciano i temi della fede e della vita nuova che Gesù è venuto ad offrire a tutti. Entrato nella casa dove giace morta la fanciulla, Egli caccia fuori quelli che si agitano e fanno lamento e dice: «La bambina non è morta, dorme». Gesù è il Signore, e davanti a Lui la morte fisica è come un sonno: non c’è motivo di disperarsi. 

Un’altra è la morte di cui avere paura: quella del cuore indurito dal male! Di questa dobbiamo avere paura! Quando ci accorgiamo di avere il cuore indurito o mummificato, dobbiamo avere paura. Questa è la morte del cuore. Ma anche il peccato, anche il cuore mummificato, per Gesù non sono mai l’ultima parola, perché Lui ci ha portato l’infinita misericordia del Padre. E anche se siamo caduti in basso, la sua voce tenera e forte ci raggiunge: «Io ti dico: alzati!». È bello sentire quella parola di Gesù rivolta a ciascuno di noi: “Io ti dico: alzati! Vai. Coraggio, non temere, soltanto abbi fede”. 

E Gesù ridà la vita alla fanciulla e ridà la vita alla donna guarita: vita e fede ad entrambe che, come può capitare anche a noi abbiamo bisogno di rimetterci in piedi per vivere in pienezza la vita e la fede.