Liturgia della Domenica 6 Aprile - Il commento di Don Claudio

Gesu pietraAvviandoci alla conclusione di questo cammino quaresimale che ancora ci riserva una settimana e poi si aprirà alla Settimana Santa, la liturgia della Parola ci propone una delle pagine che più di altre ci parla della misericordia e di una misericordia in atto. Siamo all’ottavo capitolo del Vangelo di Giovanni. Quella che abbiamo ascoltato narrare è una trappola ben congegnata dagli avversari di Gesù: «che si schieri, il maestro: o contro Dio o contro l’uomo». 

Gli condussero una donna... e la posero in mezzo. Una donna senza nome, che per scribi e farisei non è una persona, è il suo peccato; anzi è una cosa, che si prende, si porta, si mette di qua o di là, dove a loro va bene. Si può anche mettere a morte. Costoro che interagiscono con Gesù sono funzionari del sacro, diventati fondamentalisti di un Dio che potremmo definire sbagliato. «Maestro, secondo te, è giusto uccidere...?». Quella donna ha sbagliato, ma la sua uccisione sarebbe ben più grave del peccato che vogliono punire. 

Gesù si china e scrive col dito per terra..., mostrando così la strada: invita tutti a chinarsi, a tacere, a mettersi ai piedi non di un codice penale ma del mistero della persona. 

«Chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra contro di lei». 

Non una domanda, non un interrogativo... ma una precisa affermazione! Gesù butta all’aria tutto il vecchio ordinamento legale con una battuta sola, con parole definitive e così vere che nessuno osa ribattere. E se ne andarono tutti. Allora Gesù si alza, ad altezza del cuore della donna, ad altezza degli occhi, per esserle più vicino; si alza con tutto il rispetto dovuto ad una persona, e la chiama “donna”, come ha fatto [nozze di Cana] e come farà [ai piedi della croce] con sua madre: Nessuno ti ha condannata? Neanch’io lo faccio. 

Eccolo il maestro vero, che non si erge a giudice, che non condanna e neppure assolve; ma fa un’altra cosa: dà un volto nuovo al futuro di quella donna, cambiandole non il passato ma l’avvenire: Va’ e d’ora in poi non peccare più: poche parole che bastano a riaprire la vita.

Il Signore sa sorprendere ancora una volta il nostro cuore fariseo: non chiede alla donna di confessare il peccato, non le chiede di espiarlo, non le domanda neppure se è pentita ...non lo ha fatto il padre misericordioso nella parabola di sette giorni fa. È una figlia a rischio della vita, e tanto basta a Colui che è venuto a salvare. E la salvezza è sciogliere le vele (io la vela, Dio il vento): infatti non le domanda da dove viene, ma dove è diretta; non le chiede che cosa ha fatto, ma cosa farà. Le scrive nel cuore la parola “futuro”. Le dice: «Donna, tu sei capace di amare, tu puoi amare, amare molto. Questo tu farai...».

Gesù apre le porte delle nostre prigioni, smonta i patiboli su cui spesso trasciniamo noi stessi e gli altri. Lui sa bene che solo uomini e donne perdonati e amati possono disseminare attorno a sé perdono e amore. I due soli doni che non ci faranno più vittime. Che non faranno più vittime né fuori né dentro di noi. Impariamo da questa pagina di Vangelo a non lasciarci perdere ogni occasione che il Signore ci dona per rimetterci in piedi, per riprendere il cammino... avessimo sbagliato anche mille volte... Lui ci apre il futuro davanti e ci indica la strada che ci rende persone autentiche: la strada dell’amore!