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Liturgia della Domenica 7 Aprile - Il commento di Don Claudio
“La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola”. “Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede”.
Due brevi incisi tratti dalle due letture che la liturgia ci propone in questa domenica dell’Ottava di Pasqua, immagini di una comunità che vive alla luce del Risorto e che ricorda a tutti la forza della fede che, se presente e autentica, vince il mondo… come ci testimoniano uomini e donne che nel tempo con la loro fede hanno affrontato ogni avversità.
Anche il Vangelo di oggi si colloca nella luce della risurrezione anche se, a ben vedere, possiamo notare delle stonature tra quello che viene raccontato e quello che è vissuto.
La paura dei discepoli non è diminuita. Porte e finestre sprangate per paura dei Giudei. Gesù viene, sta in mezzo a loro, dona la sua pace e soffia su di loro il suo Spirito. Una gioia grande li pervade. L’unico risultato di questo incontro, inatteso e rassicurante, però sembra essere l’espressione che essi rivolgono al grande assente, Tommaso! Ma anche questo loro dire sembra non suscitare quello che ci saremmo aspettati… “Abbiamo visto il Signore” … “Io non credo”.
Quante volte la nostra testimonianza rasenta quella dei discepoli impauriti, chiusi nel Cenacolo. Abbiamo celebrato la Pasqua. Ci siamo incontrati con il Risorto, ma la nostra quotidianità non ha subito alcun effetto. Gli altri, che non credono, hanno in un certo qual modo necessità, come Tommaso di vedere, di toccare, di sperimentare.
Otto giorni dopo, ed è qui la sorpresa… questi discepoli sono nelle stesse condizioni di una settimana prima! Se l’evangelista annota che Gesù venne a porte chiuse, vuol dire che stavano ancora a porte sprangate, timorosi, spaventati, impauriti. Ma egli non rimprovera nessuno, semplicemente si ripresenta. Quando le nostre vite sono chiuse, quando pensiamo un po’ alla maniera dei discepoli di Emmaus… “speravamo” … egli non si scoraggia, si rende nuovamente presente!
E ci invita, come ha fatto con Tommaso, a fare esperienza di Lui, il vivente. “Metti qui il tuo dito, guarda le mie mani, tendi la tua mano… Non essere incredulo, ma credente!”. Giovanni non dice se Tommaso abbia toccato o meno, come tante raffigurazioni artistiche ci mostrano… quello che sappiamo è ciò che Tommaso dice: “Mio Signore e mio Dio!”. Quel vedere, quello stare in una comunità, quel doversi ricredere… lo porta ad una professione di fede alta, autentica, che coinvolge tutto se stesso. “Mio… mio” è il Risorto il nostro Signore? È Lui il mio Dio, il mio tutto, la certezza sulla quale edificare la mia vita? È la Pasqua celebrata il punto di partenza che mi schioda dalle mie insicurezze, dalle mie paure, dal non sapermi decidere a spalancare le porte della mia esistenza perché Lui possa essere il Risorto, il vivente, il Signore?
Beati! Noi questo siamo se crediamo … pur non avendo visto!
Gesù misericordioso, che celebriamo in questa domenica, irrobustisca la nostra fede e ci renda capaci di accoglierlo nella nostra vita per renderci autentici testimoni laddove ogni giorno siamo chiamati a vivere come discepoli suoi.