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Liturgia della Domenica 7 Gennaio - Il commento di Don Claudio
Celebriamo la festa liturgica del Battesimo del Signore Gesù. Una celebrazione che chiude il tempo del Natale e apre la prima parte del Tempo Ordinario che, come abbiamo sentito nell’annuncio della data della Pasqua, dato ieri, ci porterà fino al prossimo 13 febbraio, il giorno che precede l’inizio della Quaresima.
Ben sappiamo che il Battesimo di Gesù avviene all’età di trent’anni. In questo giorno, possiamo dire, Gesù esce dall’anonimato di una vita vissuta nella più ordinaria quotidianità di Nazareth.
Il fatto odierno viene riportato da tutti e quattro gli evangelisti: Luca e Matteo lo fanno precedere dai racconti dell’infanzia (letti in questo tempo di Natale) e Giovanni lo fa precedere dal Prologo (che pure abbiamo letto in questi giorni). Marco va subito a questo episodio. Gesù viene da Nazareth sulle sponde del fiume Giordano. Si mette in coda, potremmo dire, con quanti andavano a farsi battezzare dal Battista. Colui che è senza peccato si immerge nelle acque del Giordano a voler indicare il suo entrare nella nostra umanità, farsi carico della nostra fragilità, della debolezza, del peccato.
All’inizio della vita pubblica di Gesù vi è il gesto del Battesimo che oggi anche noi poniamo all’inizio della nostra vita di cristiani. Alle acque del Giordano avviene una nuova manifestazione avvalorata dalle parole del Padre: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento!”. Così il Padre, mentre i cieli si squarciano e lo Spirito Santo in forma di colomba discende su di lui. Parole che si rinnovano ogni qualvolta possiamo dire portiamo al fonte battesimale una nuova creatura, come un giorno siamo stati portati noi.
Tre grandi parole, ma prima viene il tu, la parola più importante. Un io si rivolge a un tu. Il cielo non è vuoto, non è muto. E parla con le parole proprie di una nascita. Figlio è la prima parola, un termine grande per il cuore. E per la fede. Vertice della storia umana. Dio genera figli di Dio, genera figli secondo la propria specie. E i generati, io e tu, tutti abbiamo una sorgente nel cielo, un pezzetto di Dio viene instillato nei nostri cuori.
Seconda parola: il mio nome non è solo figlio, ma amato. Lo sono da subito, da prima che io faccia qualsiasi cosa, prima che io risponda. Per quello che sono, così come sono, io sono amato. E che io sia amato dipende da lui, non dipende da me.
La terza parola: in te ho posto il mio compiacimento. La Voce grida dall’alto del cielo, grida sul mondo e in mezzo al cuore, la gioia di Dio: è bello stare con te. Ti amo, figlio, e mi piaci. Sono contento di te. Prima che tu mi dica sì, prima ancora che tu apra il cuore, tu mi dai gioia, sei bello, un prodigio che guarda e respira e ama e si incanta.
Si, abbiamo consapevolezza del grande scarto che esiste tra ciò che Dio ci/mi chiede e la nostra povertà umana. Ma Lui continuamente ci sprona, come ricordato nella prima lettura, a fare in modo che i suoi pensieri, i suoi progetti, le sue vie possano andare di pari passo con i nostri pensieri, i nostri progetti e le nostre vie, perché così ci sforziamo di fare… dando sempre nuovo vigore al nostro Battesimo, che per volere dei nostri genitori ci è stato donato.