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Liturgia della Domenica 9 Giugno - Il commento di Don Claudio
Il Vangelo di questa domenica (cfr Mc 3,20-35) ci mostra due tipi di incomprensione che Gesù ha dovuto affrontare: quella degli scribi e quella dei suoi stessi familiari.
La prima incomprensione. Gli scribi erano uomini istruiti nelle Sacre Scritture e incaricati di spiegarle al popolo. Alcuni di loro vengono mandati da Gerusalemme in Galilea, dove la fama di Gesù cominciava a diffondersi, per screditarlo agli occhi della gente. Questi scribi arrivano con un’accusa precisa e terribile - questi non risparmiano mezzi, vanno al centro e dicono così: «Costui è posseduto da Beelzebul e scaccia i demoni per mezzo del capo dei demoni» (v. 22). Cioè, il capo dei demoni è quello che spinge Lui; che equivale a dire più o meno: “Questo è un indemoniato”. Infatti, Gesù guariva molti malati, e loro vogliono far credere che lo faccia non con lo Spirito di Dio - come faceva Gesù -, ma con quello del Maligno, con la forza del diavolo. Gesù reagisce con parole forti e chiare, non tollera questo, perché quegli scribi, forse senza accorgersene, stanno cadendo nel peccato più grave: negare e bestemmiare l’Amore di Dio che è presente e opera in Gesù. E la bestemmia, il peccato contro lo Spirito Santo, è l’unico peccato imperdonabile - così dice Gesù -, perché parte da una chiusura del cuore alla misericordia di Dio che agisce in Gesù.
Ma questo episodio contiene un ammonimento che serve a tutti noi. Infatti, può capitare che una forte invidia per la bontà e per le opere buone di una persona possa spingere ad accusarla falsamente. Qui c’è un vero veleno mortale: la malizia con cui in modo premeditato si vuole distruggere la buona fama dell’altro. Dio ci liberi da questa terribile tentazione! E se, esaminando la nostra coscienza, ci accorgiamo che questa erba cattiva sta germogliando dentro di noi, andiamo subito a confessarlo nel sacramento della Penitenza, prima che si sviluppi e produca i suoi effetti malvagi, che sono inguaribili.
Il Vangelo di oggi ci parla anche di un’altra incomprensione, molto diversa, nei confronti di Gesù: quella dei suoi familiari. Questi erano preoccupati, perché la sua nuova vita itinerante sembrava loro una pazzia (cfr v. 21). Infatti, Egli si mostrava così disponibile per la gente, soprattutto per i malati e i peccatori, al punto da non avere più nemmeno il tempo di mangiare. Gesù era così: prima la gente, servire la gente, aiutare la gente, insegnare alla gente, guarire la gente. Era per la gente. Non aveva tempo neppure per mangiare. I suoi familiari, dunque, decidono di riportarlo a Nazareth, a casa.
Arrivano sul posto dove Gesù sta predicando e lo mandano a chiamare. Gli viene detto: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano» (v. 32). Egli risponde: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?», e guardando le persone che stavano intorno a Lui per ascoltarlo aggiunge: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre» (vv. 33-34). Gesù ha formato una nuova famiglia, non più basata sui legami naturali, ma sulla fede in Lui, sul suo amore che ci accoglie e ci unisce tra noi, nello Spirito Santo. Tutti coloro che accolgono la parola di Gesù sono figli di Dio e fratelli tra di loro. Accogliere la parola di Gesù ci fa fratelli tra noi, ci rende la famiglia di Gesù. Parlare contro gli altri, distruggere la fama degli altri, ci rende la famiglia del diavolo.
Quella risposta di Gesù non è una mancanza di rispetto verso sua madre e i suoi familiari. Anzi, per Maria è il più grande riconoscimento, perché proprio lei è la perfetta discepola che ha obbedito in tutto alla volontà di Dio.