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Coronavirus: le mascherine realizzate dalle ragazze strappate dalla strada
A Caserta, la cooperativa NewHope ne produce 400 al giorno nel laboratorio etnico dove lavorano donne salvate dallo sfruttamento. Suor Rita: "Abbiamo raccolto l'appello del Papa a fare la nostra parte"
La sartoria della speranza
Un concreto messaggio di speranza. Ancor più in questi giorni di emergenza. È quello che arriva da Caserta, dalle ragazze di Casa Rut. Ragazze strappate alla strada, allo sfuttamento sessuale, alla violenza. Da alcuni giorni stanno realizzando mascherine di cotone sanificato e impermeabile, lavabili e riutilizzabili. Ben 400 prodotte ogni giorno in collaborazione col Consorzio "San Leucio Silk", lo storico borgo casertano famoso per la produzione della seta. Si lavora, mantenendo le distanze e indossando le mascherine, e si prega nel laboratorio di sartoria etnica NewHope, creato nel 2004 in alcuni locali messi a disposizione dalla Diocesi, per fornire una formazione professionale e un'occupazione legale, con una giusta retribuzione, alle donne sottratte alla prostituzione.
Un ulteriore passo dopo la costituzione nel 1995 di Casa Rut, opera di alcune suore Orsoline provenienti da Vicenza e guidate da suor Rita Giaretta, ormai un simbolo della lotta alla tratta delle donne. Dopo 24 anni suor Rita era stata chiamata a Roma, ma nei giorni scorsi è tornata a Caserta per essere accanto alle ragazze e per coinvolgerle in un nuovo progetto di impegno e di speranza. "Abbiamo ascoltato le parole di papa Francesco, il suo richiamo, "Tutti siamo chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci e sostenerci a vicenda". E noi, donne delle NewHope, in collaborazione con il Consorzio "San Leucio Silk", ci siamo, con la produzione di mascherine facciali per custodire vita e alimentare speranza".
Proprio quella che in 25 anni qui è rinata per circa cinquecento donne, spesso coi loro neonati, o incinte. "Insieme per una nuova speranza" è il motto della cooperativa che gestisce la sartoria e la bottega dove vengono vendute le creazioni realizzate con tessuti etnici africani. E che vuole essere testimone di una forma di economia solidale, abbinata all'educazione alla responsabilità e all'etica del lavoro. Solidarietà, responsabilità attraverso il lavoro, proprio come il nuovo impegno a creare le mascherine. #tessitricidisperanze, si legge sulla prima pagina del sito della cooperativa. Lavoro e preghiera. Come spiega ancora suor Rita. "A mezzogiorno, seguendo l’invito del Papa, ci si ferma e si prega il Padre Nostro, poi riferisco alle ragazze il pensiero di Francesco alla Messa a Santa Marta, che ascolto tutte le mattine".
(fonte: Avvenire - Antonio Maria Mira lunedì 30 marzo 2020)