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L'Angelus di Papa Francesco - 24.3
Avverte che la «possibilità» di convertirci «non è illimitata; perciò è necessario coglierla subito» prima che sia «perduta per sempre». Ricorda che oggi si celebra la Giornata in memoria dei missionari martiri e che nell’ultimo anno, nel mondo, «sono stati uccisi quaranta missionari, quasi il doppio rispetto all’anno precedente». Infine, dà appuntamento a tutti a Loreto, domani, per la firma dell’esortazione post-sinodale sui giovani auspicando che «il sì di Maria diventi il sì di tanti di noi».
Papa Francesco all’Angelus si sofferma a spiegare nel dettaglio il Vangelo di questa terza domenica di Quaresima che racconta la parabola del fico sterile: «Un uomo ha piantato un fico nella propria vigna, e con tanta fiducia ogni estate va a cercare i suoi frutti ma non ne trova, perché quell’albero è sterile», spiega Francesco, «spinto da quella delusione ripetutasi per ben tre anni, pensa dunque di tagliare il fico, per piantarne un altro. Chiama allora il contadino che sta nella vigna e gli esprime la sua insoddisfazione, intimandogli di tagliare l’albero, così che non sfrutti inutilmente il terreno. Ma il vignaiolo chiede al padrone di avere pazienza e gli domanda una proroga di un anno, durante il quale egli stesso si preoccuperà di riservare una cura più attenta e delicata al fico, per stimolare la sua produttività».
Questi i fatti raccontati dall'evangelista Luca. «Il padrone», spiega il Pontefice,« raffigura Dio Padre e il vignaiolo è immagine di Gesù, mentre il fico è simbolo dell’umanità indifferente e arida. Gesù intercede presso il Padre in favore dell’umanità e lo prega di attendere e di concederle ancora del tempo, perché in essa possano germogliare i frutti dell’amore e della giustizia. Il fico che il padrone della parabola vuole estirpare rappresenta una esistenza sterile, incapace di donare, di fare il bene. È simbolo di colui che vive per sé stesso, sazio e tranquillo, adagiato nelle proprie comodità, incapace di volgere lo sguardo e il cuore a quanti sono accanto a lui e si trovano in condizione di sofferenza, di povertà, di disagio».
A questo atteggiamento «di egoismo e di sterilità spirituale», sottolinea il Papa, «si contrappone il grande amore del vignaiolo nei confronti del fico: ha pazienza, sa aspettare, gli dedica il suo tempo e il suo lavoro. Promette al padrone di prendersi particolare cura di quell’albero infelice». Questa similitudine, afferma, «manifesta la misericordia di Dio, che lascia a noi un tempo per la conversione. Nonostante la sterilità, che a volte segna la nostra esistenza, Dio ha pazienza e ci offre la possibilità di cambiare e di fare progressi sulla strada del bene. Ma la dilazione implorata e concessa in attesa che l’albero finalmente fruttifichi, indica anche l’urgenza della conversione».
Il fatto che il vignaiolo dica al padrone: “Lascialo ancora quest’anno” indica, ricorda Bergoglio, che «la possibilità della conversione non è illimitata; perciò è necessario coglierla subito; altrimenti essa sarebbe perduta per sempre. Noi possiamo fare grande affidamento sulla misericordia di Dio, ma senza abusarne. Non dobbiamo giustificare la pigrizia spirituale, ma accrescere il nostro impegno a corrispondere prontamente a questa misericordia con sincerità di cuore».
L’invito alla conversione è una costante del tempo di Quaresima: «Ognuno di noi», aggiunge il Papa,« deve sentirsi interpellato da questa chiamata, correggendo qualcosa nella propria vita, nel proprio modo di pensare, di agire e di vivere le relazioni con il prossimo. Al tempo stesso, dobbiamo imitare la pazienza di Dio che ha fiducia nella capacità di tutti di potersi “rialzare” e riprendere il cammino. Egli non spegne la debole fiamma, ma accompagna e cura chi è debole perché si rafforzi e porti il suo contributo di amore alla comunità».