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Liturgia della Domenica - 22 Settembre
Con una parabola Gesù invita i suoi discepoli a essere scaltri nell’uso del denaro. Il denaro in sé non è né buono né cattivo. Dobbiamo saperlo usare bene facendo opere buone perché, al momento della nostra morte, possiamo trovare in cielo degli intercessori.
LIBERACI, SIGNORE, DALL’AVIDITÀ DELLA RICCHEZZA
Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità». Questa affermazione di san Paolo risuona al cuore della Parola di questa domenica (II Lettura). Egli ci rivela anche che questa salvezza ci è donata in Gesù, il quale «ha dato se stesso in riscatto per tutti». Siamo chiamati, però, ad accogliere il dono di Dio e a farlo fruttificare nella nostra vita, attraverso comportamenti fondati sulla giustizia e sul rispetto del diritto degli altri, soprattutto dei poveri, che non vanno calpestati nella loro dignità (I Lettura). Al contrario, come ci annuncia Gesù con la parabola dell’amministratore scaltro (Vangelo), occorre trasformare i beni che possediamo in relazioni, perché sono gli amici, cioè le relazioni autentiche, a condurci nel Regno, non le nostre ricchezze.
La ricchezza in se stessa è disonesta, poiché fa promesse che non può mantenere. Ci illude di poter dare un compimento alla nostra vita, mentre il suo vero compimento sta nella relazione con Dio e con gli altri, in un’amicizia che non delude. Per questo Gesù loda l’amministratore della parabola, certo non per la sua disonestà, ma per avere intuito qual è il vero fondamento della vita.