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Liturgia della Domenica 7 Giugno - SS. Trinità
Spesso ci si immagina un “Dio” lontano, astratto, ridotto quasi a un sistema di idee contorte o semplicissime, ma inesplicabili. Soprattutto quando ci si accosta alla dottrina della Trinità, si ha l’impressione di essere di fronte a una sciarada beffarda. E invece, l’essere concretissimo di Dio è comunione che liberamente si effonde. Anzi, ci chiama a varcare la soglia della sua vita intima e beatificante. Non riusciamo a capire perché Dio si sia interessato di noi: più di quanto, forse, noi ci interessiamo a noi stessi. Proprio mentre eravamo peccatori, il Padre ha mandato il suo Figlio per offrirci la vita nuova nello Spirito. Liberamente. Per amore. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito”. Cristo non si impone. Non costringe ad accettarlo. Si consegna alla nostra decisione. È questa la vertigine della vita umana. Possiamo passare accanto al Signore Gesù che muore e risorge, senza degnarlo di uno sguardo nemmeno distratto. E, tuttavia, non possiamo fare in modo che egli non esista come il Dio fatto uomo che perdona e salva. “Chi non crede è già stato condannato”. Ma se ci apriamo alla sua dilezione... Allora Cristo si rivela come colui che ha suscitato in noi tutte le attese più radicali. E colma a dismisura queste attese. È la redenzione. È la grazia. È lo Spirito che abita in noi e ci conforma al Signore Gesù. La vita nuova, che ci viene donata, apparirà in tutta la sua gloria oltre il tempo. Inizia qui, ed è la “vita eterna”.